Intervista a Deda C. Colonna, dal film introduttivo:
 
“…Quest’opera parla di me e di Copenhagen. Quando Concerto Copenhagen mi ha proposto il lavoro, mi hanno detto chiaramente che lo avremmo messo in scena in un edificio post industriale, e che doveva avere dei legami esterni, con la città.
Abbiamo cominciato a chiamarla “Urban Baroque Opera”.
Sapevamo perché l’opera è barocca, ma dovevamo trovare la maniera di renderla anche “urban”!
Abbiamo coinvolto artisti di Copenhagen, che hanno curato gli aspetti più importanti dell’allestimento. (…)
In “Aci Galatea & Polifemo” c’è un forte tema legato alla vanità: abbiamo coinvolto Jens Gunnar, un parrucchiere/ truccatore legato al mondo della moda di Copenhagen, in modo da portare il teatro nella città, e la città dentro il teatro.
Lo stesso è accaduto con Ossip Frolov, un orafo che, come Polifemo, sa trasformare il metallo e la dura materia delle emozioni in forme bellissime, come i sentimenti che Polifemo prova per Galatea. (Ossip ha realizzato l’attrezzeria ed una parte del costume di Polifemo.)
Anche questa è stata una maniera per collegare quest’opera alla città di Copenhagen e per portare sulla scena un artista cittadino, abitualmente estraneo al mondo del teatro.
Il terzo ponte verso Copenhagen è TeaterDesign, un fantastico gruppo di giovani professionisti del teatro (neodiplomati della Danish National School of Performing Arts) – una scenografa/ costumista, un light designer ed un direttore di produzione – che hanno saputo trasformare Pakhus 11 da un edificio post industriale in un teatro d’opera in brevissimo tempo.
Poi c’è Concerto Copenhagen, l’orchestra di musica antica che porta il nome della propria città.
L’orchestra è messa in scena, nel centro del palcoscenico, ed è certamente un altro dei ponti che lo collegano alla città. Ed è una città che mi è molto cara, da qualche anno ormai. È bello dichiararle il mio affetto.”
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