Sono passati ormai più di cento anni da quel mercoledì 7 giugno 1905, quando alla cascina Campesio venne ucciso Francesco Demichelis, di trentaquattro anni, da tutti conosciuto come ‘il Biondìn’.
Ricercato dalle forze dell’ordine per oltre dieci anni, aveva due taglie sulla testa. Evaso dal carcere di Novara, sempre protetto dalla gente comune che lo considerava quasi un personaggio mitico, il Biondìn visse ai margini della società, eternamente braccato dalla “Gioanna” ovvero dai Carabinieri. Figlio di un “camminante” e divenuto omicida per legittima difesa, si diede alla macchia, vivendo di furti ed illeciti e spendendo il ricavato nelle case di tolleranza, nei negozi di lusso e nei teatri milanesi. Lo scaltro brigante provava però un forte senso di appartenenza alla realtà rurale delle sue origini e non sapeva rinunciare a soventi incursioni nelle feste delle cascine, in cui con il suo carisma ammaliava uomini e donne. Fu a lungo protetto dai contadini, la cui omertà bastò per molto tempo a garantirgli quella sorta di invulnerabilità che fece di lui un personaggio leggendario. Proprio una di queste incursioni si rivelò fatale: la sua morte avvenne quando una normale ronda dei carabinieri lo sorprese durante un ballo di fine monda. 
Nel nostro spettacolo la vicenda del Biondìn viene raccontata attraverso la testimonianza delle persone – reali o immaginarie -­‐ la cui vita fu segnata dal passaggio del celebre brigante. Incontriamo successivamente Marisa, primo amore ed ultima occasione di salvezza, la giovane Armina annientata da un amore senza speranze, il Carabinieri Nebbia e Soverini, la mondina anziana che snocciola ricordi e consigli, in una galleria di personaggi che compongono un affresco della realtà rurale all’inizio del ‘900.  Lo spettacolo è un monologo della durata di circa 55 minuti. La scena è essenziale ed ogni oggetto si trasforma seguendo il filo narrativo. Ecco un tavolo e quattro sedie farsi fienile, balcone, porta, strusone, carro, pista da ballo o argine di risaia.
 
“L’ultimo ballo del Biondin” è inoltre il risultato dell’incontro di due artiste novaresi, tornate a lavorare nella loro città dopo aver maturato importanti esperienze teatrali in vari contesti internazionali.
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